Negli ultimi anni la ricostruzione mammaria dopo una mastectomia è uno delle fasi del processo di guarigione di molte donne, che oltre a guarire appunto, possono riprendere una vita normale, sentendosi a proprio agio in ogni situazione.
L’Italia ormai è uno dei paesi che sul tema “fa scuola”. E se una decina di anni fa interventi di questo genere erano difficili da immaginare, oggi sono all’ordine del giorno e aiutano tantissime donne a riacquistare un rapporto sereno con il proprio corpo e con la propria femminilità dopo il cancro al seno.
La ricostruzione mammaria nel nostro paese è sempre più ibrida, non si parla più solo di protesi, ma anche del ricorso a espansori e grasso autologo. Il tessuto adiposo ricopre un ruolo fondamentale nella ricostruzione mammaria, contribuendo anche a migliorare il tono dei tessuti danneggiati dalle cicatrici tramite l’azione delle cellule staminali adulte.
Grazie alla combinazione di queste tecniche i risultati sono molto più naturali rispetto al passato, quando l’intervento di ricostruzione mammaria dopo il cancro portava ad esiti esteticamente discutibili. Con il passare del tempo la situazione è cambiata in meglio, anche se è sempre essenziale valutare ogni caso e intraprendere così la soluzione più giusta. Il grasso autologo e i nuovi materiali in uso, sono delle risorse valide ma da approcciare con cautela (l’ideale è il loro utilizzo su mammelle medio-piccole), onde evitare effetti collaterali fastidiosi come la formazione di sieromi, ossia accumuli di linfa o siero nel sito dell’intervento chirurgico.
La ricerca si affina, la scienza va avanti e le tecniche chirugiche si evolvono, ma c’è una cosa da fare, da ricordare sempre e comunque: prevenzione.