Quando si parla di mastoplastica additiva e si apre il capitolo delle protesi, sono davvero tante le alternative a cui è possibile fare riferimento. Tra gli impianti più apprezzati è possibile chiamare in causa quelli rivestiti in schiuma di poliuretano, che utilizzo con grande soddisfazione da anni e che ho messo al centro di un’intensa attività didattica dedicata ai colleghi chirurghi plastici che vogliono apprendere tutti i segreti del posizionamento.
Dal momento che, per ovvi motivi, parlo tantissimo di questi impianti all’avanguardia sia qui sia sui miei spazi social, sono numerose le aspiranti pazienti che, quando vengono a studio per informarsi sulla mastoplastica additiva, mi chiedono quali siano i casi in cui è indicato il ricorso alle protesi in poliuretano. Premettendo il fatto che ogni situazione è a sé e che spetta al chirurgo estetico studiare nel dettaglio il percorso giusto per l’intervento di mastoplastica additiva ricordo che, quando si ha a che fare con gli impianti ai quali è dedicato questo articolo, si possono ottenere dei risultati a dir poco sorprendenti nei casi di pazienti con una scarsa tenuta dei tessuti (p.e. le donne che hanno allattato più volte).
Questo è dovuto al fatto che, non potendo ruotare, la protesi in poliuretano garantisce una grandissima tenuta dell’impianto e una stabilità eccellente. Alla luce di ciò, si possono utilizzare senza problemi in quelle pazienti in cui, prima del boom degli impianti sopra citati, si impiegavano solo protesi rotonde. Grazie a quelle in poliuretano, si può ricorrere all’impianto a goccia con un effetto molto più naturale.
Come ho avuto modo di ricordare in questo video, le protesi in poliuretano hanno anche il vantaggio di non dare mai luogo, dopo la mastoplastica additiva, a casi di contrattura capsulare, una complicanza post operatoria a cui diverse pazienti risultano più soggette di altre.