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Mastoplastica additiva: protesi, materiali e volume

protesi senoOggi vorrei fare alcune considerazioni sulle protesi utilizzate per effettuare una mastoplastica additiva, intervento di chirurgia estetica per l’aumento del seno. In particolare vorrei soffermarmi su alcuni punti precisi come: l’utilizzo delle protesi definite “a goccia ” o anatomiche e quelle “tonde”, i materiali delle protesi ed eventuali rischi che si potrebbero avere inserendo protesi molto grandi.
Oggi, le protesi disponibili sul mercato sono di diverse forme e in linea generale si dividono in tonde e anatomiche appunto. Per quanto concerne il mio operato, preferisco utilizzare le protesi anatomiche soprattutto nelle pazienti che desiderano un seno abbastanza voluminoso poiché consentono di arrivare a volumi maggiori con un risultato molto naturale. Questo non vuol dire che le protesi rotonde, non regalano una forma molto gradevole, ma che nelle pazienti con pochissimo seno si ottengono migliori risultati inserendo protesi di forma anatomica, perché la forma dell’impianto stesso sarà molto evidente se il tessuto di partenza è poco. Nel caso di seni già presenti e con uno svuotamento maggiore nella parte superiore, la protesi rotonda consente di riempire molto bene il decolletè.
Quando si decide si sottoporsi ad una mastoplastica additiva, una delle prime questioni da considerare è la qualità di un impianto e sicuramente il materiale con cui è stato prodotto. (La FDA, Food and Drug Administration americana approva soltanto poche case produttrici di gel di silicone per utilizzo medicale. Tutte le aziende di alta qualità comprano il materiale con cui producono i loro impianti dalle aziende autorizzate e ne certificano la qualità stessa).
Scelta una protesi fatta con materiale certificato, bisogna soffemmarsi sulla fattura dell’involucro. Un tempo le protesi erano lisce all’esterno, ma davano molti casi di contrattura capsulare e potevano essere prodotte solo di forma tonda in quanto non aderivano minimamente ai tessuti circostanti. Le protesi moderne invece sono testurizzate, ovvero hanno un involucro ruvido che aiuta la protesi ad aderire ai tessuti circostanti. Anche questa testurizzazione è di diversi livelli di qualità. A mio avviso, la testurizzazione in schiuma di poliuretano è la migliore: rende la protesi particolarmente stabile nel tempo e soprattutto non ha il rischio di rotazione. Inoltre le protesi di ultima generazione sono garantite a vita, quindi, in teoria, potrebbero non essere sostituite mai. Quello che dico sempre alle mie pazienti però, è che dipende molto dall’evoluzione del corpo nel corso della vita. Per esempio: una ragazza che a vent’anni si sottopone ad una mastoplastica additiva avrà più probabilità di effettuare un secondo intervento, rispetto ad una donna che ha già avuto figli e che manterà nel tempo il proprio peso forma.

L’ultimo quesito, dato che molte delle pazienti che visito mi sottopongono, è relativo ai rischi che ci possono essere nel passare da una taglia prima ad una sesta in un singolo intervento. Su questo punto, ad essere sinceri, si entra in un capitolo molto discusso, che in realtà fa proprio parte dei miei “pezzi forti”. Personalmente, se la paziente lo richiede, utilizzo protesi molto grandi e non ho importanti problemi da un punto di vista tecnico a passare da seni piccoli a seni particolarmente voluminosi. Non posso ovviamente affermare che tutte le donne hanno le indicazioni per arrivare ad una taglia sesta partendo da una prima taglia, ma esistono casi in cui questo può essere possibile. Certo è che una protesi molto voluminosa sarà più visibile di altre, ma in termini di sicurezza, la paziente non si sottopone a un intervento più rischioso o più invasivo di una normalissima mastoplastica additiva. Alcune donne preferiscono dare priorità al volume che non all’effetto naturale della protesi. In altri casi il contrario: si sceglie un impianto più piccolo per renderlo invisibile, o assolutamente poco visibile.

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